Lo smart working post-lockdown, ordinario o semplificato, continuerà da metà ottobre.
Stando agli ultimi aggiornamenti sullo smart working post-lockdown in Italia, proseguiranno gli accordi individuali di attivazione del lavoro agile per ogni dipendente.
Questo perché la richiesta di proroga dello stato d’emergenza Covid-19 fino al 31 gennaio 2021, avanzata in Parlamento dal premier Conte, è stata accolta.
Per i lavoratori del privato, lo stato d’emergenza e l’adozione del lavoro agile (o smart working) in modalità semplificata, deciso dal titolare senza accordo col dipendente, non terminerà il 15 ottobre 2020. Andrà avanti.
Nell’ambito della PA, lo smart working era già stato prorogato fino al 31 dicembre 2020 per la metà dei dipendenti con mansioni svolgibili da remoto.
Dato l’innalzamento della curva dei contagi registrato in queste settimane, risultava difficile pensare che tutto potesse tornare come prima a partire da metà ottobre. E che lo smart working post-lockdown diventasse solo un vago ricordo.
In un’ottica di diminuzione del rischio sanitario, quindi, il lavoro agile resta un’opzione su cui fare affidamento. In difesa della sicurezza pubblica e individuale.
Lo smart working: in cosa consiste, esattamente?
Con questo termine si fa riferimento a una condizione lavorativa temporanea (diversa da quella definitiva del telelavoro).
Non per forza ci si reca in azienda, spesso si resta all’interno della dimensione domestica. Tutto dipende, sostanzialmente, da quanto concordato col datore di lavoro.
Lo stesso vale per le fasce orarie e le pause, che possono variare in base alle esigenze del dipendente e degli accordi stipulati.
Come riportato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, lo smart working non prevede vincoli di orario e di spazio.
C’è un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi che è conseguente all’accordo preso fra lavoratore e titolare.
Sono richiesti flessibilità organizzativa, volontarietà fra le parti che sottoscrivono l’accordo individuale e l’utilizzo di strumentazioni che permettano di lavorare a distanza.
Secondo un report Istat-Eurostat con dati riferiti al 2019 pubblicato da Sir, prima del Coronavirus lavorava da casa appena lo 0,8% del totale degli occupati italiani.
Dei 408.000 dipendenti che, nel 2019, hanno lavorato da casa, l’8,2% era in modalità di telelavoro e il 20,2% in smart working.
È stato soprattutto il settore dei servizi ad essersi “spostato a casa”: informazione, comunicazione e servizi alle imprese.
Per gli insegnanti degli istituti d’istruzione italiani, spesso il domicilio è stato il luogo di lavoro secondario.
Oggi, in Italia, si stima che in smart working post-lockdown ci siano dai 4 ai 6 milioni di lavoratori. Di questi, alcuni sono in regime semplificato e altri in modalità ordinaria regolamentata dalla legge 81/2017.
Pro e contro dello smart working post-lockdown. E l’avvento del south working.
Il lavoro in smart working post-lockdown, quindi, proseguirà anche nei prossimi mesi. Specie dopo queste settimane d’innalzamento dei contagi un po’ in tutto lo Stivale.
Una modalità, quella del lavoro agile, con pro e contro. Come tutte le cose.
Tra i benefici troviamo l’alta flessibilità negli spazi e negli orari, l’organizzazione autonoma del lavoro, una maggior produttività e una riduzione dell’impatto ambientale.
Fra i contro dello smart working post-lockdown c’è innanzitutto la difficoltà a tenere distinte la sfera lavorativa e quella personale. Due mondi con caratteristiche ed esigenze molto diverse fra loro, senza alcun dubbio.
Le prestazioni dovrebbero rientrare nei limiti di durata massima dell’orario d’impiego giornaliero e settimanale. Eppure, se casa diventa anche sede operativa, c’è caso di svincolarsi a fatica dal lavoro e di superare facilmente le otto ore giornaliere.
Altri contro sono gli spazi non sempre adatti allo svolgimento del proprio impiego, l’assenza di agevolazioni per i genitori, la connettività non sempre ottimale.
Lo smart working post-lockdown, oltretutto, è molto impegnativo per le donne, generalmente più divise fra occupazione e famiglia rispetto alla controparte maschile.
E poi ci sono i professionisti tornati al Sud durante il lockdown.
Fra questi, non tutti sono convinti che fare ritorno a Milano e al Nord Italia in generale sia una scelta indiscutibilmente giusta. Parliamo di persone che, grazie al lavoro agile, hanno ritrovato il piacere di vivere a contatto con la propria terra e i propri affetti. Il tutto traendo anche un beneficio di tipo economico.
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